La famiglia raffigura un sistema complesso, in cui agiscono individui, ruoli, responsabilità e mansioni. Il sistema è determinato da obblighi di tipo affettivo, in cui agiscono sia affetti positivi, sia affetti negativi (quali l’odio, la sopraffazione, la violenza). La famiglia però può trasformarsi anche in un ambiente ostile e pericoloso per l’integrità fisica e psichica dei soggetti che ne fanno parte.
Esistono delle famiglie inadeguate, che non sempre sono consapevoli del proprio stato: ad esempio la famiglia “instabile” (che non è capace ad educare), “narcisista” (che è chiusa ad ogni esperienza sociale), la famiglia “della riconoscenza” (che pretende gratitudine con il ricatto e i sacrifici compiuti), “silenziosa” (incapace di creare una reale e valida comunicazione con i figli o di aiutarli), “esigente” (che chiede ai figli di non commettere mai errori), “abdicante” (che rinuncia ad ogni funzione di guida per non creare problemi psicologiciai figli) o “prematura” (quando i genitori sono molto giovani).
La violenza intesa come prevaricazione fisica, economica, sociale, psicologica e sessuale, esercitata da parte di un soggetto in posizione di forza nei confronti di individui più deboli, (quali donne, bambini, anziani e disabili) è un fenomeno sociale che ha origini molto lontane.
Si parla poco della violenza che viene esercitata sulle donne all’interno della famiglia, in quanto contraddice le fondamenta su cui si basa la nostra immagine di famiglia.
La violenza all’interno della famiglia però è un fenomeno in crescita, che solo negli ultimi 20 anni si è presentato in tutta la sua gravità, anche perché non è sempre facile da rilevare. Grazie al processo di maturazione storica e culturale, si è resa possibile l’emancipazione della donna e la presa di coscienza dei suoi diritti all’interno della società e della famiglia.
Fino alla metà del ventesimo secolo, in Italia i soggetti deboli della famiglia (in particolare i minori, gli anziani e le donne) non godevano degli stessi diritti riconosciuti agli altri cittadini, quali il diritto all’istruzione, al voto ed lavoro qualificato.
In Italia i primi centri antiviolenza nascono negli anni ’80. Attualmente ve ne sono un centinaio, dislocati soprattutto nei capoluoghi di provincia. Molti centri nascono come organizzazioni di volontariato, dove le donne lavorano assieme ad altre donne, mettendo a disposizione la propria professionalità e creando, attraverso studi e ricerche, metodologie di accoglienza e di lavoro rivolte a donne in momentanea difficoltà per problemi di maltrattamento e violenza.
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